sabato 12 settembre 2015

Nascere...

Già, l'ostetricia africana. Molto diversa da come me lo aspettavo, anche se qualche anticipazione, da colleghe che avevano gia' conosciuto questa realta' l'avevo avuta.
Intanto, la situazione, che si puo' riassumere in una parola: misera.
La Sala Parto e' una stanzaccia scrostata con due vecchi lettini ginecologici mezzi arrugginiti e coperti da macchie ataviche di natura non determinata (e che preferisco non determinare). Le donne partoriscono su un telo di pesante plastica verde, che dopo ogni parto viene sciacquato ed asciugato.
Se ci sono due parti in contemporanea, ed una sola ostetrica, si occupano tutti e due i lettini. C'e' un carrello con un po' di guanti, uno stetoscopio ostetrico, un apparecchio della pressione risalente al 1700 circa (magari no, ma poco dopo), uno stetoscopio, qualche siringa, qualche farmaco, uno di quei cari vecchi cestoni di metallo, che i colleghi piu' anziani ricorderanno, con le garze che vorrebbero essere sterili, con accanto una pinza in un provettone di vetro che dovrebbe servire a prenderle sterilmente. Poi c'e' un armadietto di legno con sotto un po' di teli piu' o meno puliti (la lavanderia e' composta di due donnine che lavano a mano con un sapone non ben definibile e poca varechina....) ed i pacchi per i parti in due cestoni di ferro. I pacchi per i parti sono composti da un telino grande che contiene una bacinella reniforme, una ciotolina, due klemmer, una forbice da cordone, una da episiotomia, un portaghi ed una pinza anatomica, piu' un po' di garze e tre telini piccoli. Devo dire che la soluzione dei pacchetti sarebbe anche funzionale, se solo i ferri non fossero avanzi di avanzi di chissa' quale ospedale europeo che li ha dismessi ma prima che buttarli via li ha mandati in Africa. Per carità, meglio che nulla...ma la differenza fra paesi ricchi e paesi poveri si vede molto bene. Completano l'attrezzatura di Sala Parto un aspiratore per i neonati (anche questo piu' o meno giurassico, ma funziona) ed un concentratore di ossigeno (questo sembra un po' piu' moderno, forse l'hanno mandato qui dopo che in tutti gli ospedali europei e' arrivato l'ossigeno centralizzato, o perlomeno le bombole...). Poi, in un angolo, ci sono dei grembiuloni di plastica di un bel colore arancio stinto (per non sporcarsi troppo) e delle galosce bianche. Li' per li' non ho capito cosa se ne facessero delle galosce, temevo qualche alluvione periodica. Poi invece ho realizzato un particolare: le divise degli operatori.
L'ospedale non fornisce divise, ognuno raccatta qualcosa: ho visto divise dai colori piu' improbabili, modelli e taglie fantasiosi, e spesso le etichette con i nomi ed i presidi che le hanno prodotte; nomi italianissimi, presidi ospedalieri del Veneto, del Trentino, dell'Emilia ecc. Ovviamente, le scarpe non sono comprese. Ed in un paese cosi' caldo, le scarpe sono proprio l'ultimo dei problemi. Praticamente tutti vivono in infradito o sandali, ho visto pochissime scarpe propriamente dette. Gli africani, poi, come molte altre popolazioni, gli ingombri ai piedi se li tolgono appena possono e stanno scalzi. Quindi, quando per terra c'e' un miscuglio di sangue, liquido amniotico, piscio ed altro, le galosce sono molto utili.
Fanno eccezione a questa cosa delle divise gli studenti: A Wau esiste un'università', l'unica, a parte Juba, di tutto il Sud Sudan Ci sono corsi triennali di infermieristica ed ostetricia, e gli studenti hanno delle divise propriamente dette, verde scuro per gli studenti infermieri, rosso vinaccia per gli studenti di ostetricia. Ma le scarpe, proprio, non fanno parte della divisa, quindi si vedono ragazzi circolare con le cose piu' assurde, scarpe a punta di cuoio forse un tempo eleganti, ballerine, sandalini decorati, le immancabili infradito....vabbe', Io mi ero portata delle belle divisone verdi da Sala Operatoria ed i miei zoccoloni Birkenstock da battaglia; una delle mie idee migliori.
Una cosa che mi ha colpito e' che moltissimi degli operatori e degli studenti sono maschi. Studiare e' sempre una cosa piu' da uomini che da donne. Un'altra particolarità degna di nota e' che pure gli studenti infermieri devono impratichirsi sui parti. Ed in un paese dove di personale formato ce n'e' una quantita' minima, e dove questi ragazzi si ritroveranno a lavorare da soli, in villaggi sperduti lontanissimi da qualsivoglia presidio a distanza ragionevole, mi sembra piu' che giusto. Subito il primo giorno ho visto uno studente infermiere assistere un parto in una primipara, farle l'episio, e ricucirla molto meglio di quanto sapessi fare io. Se gli raccontassi che da noi sono i medici a suturare le lacerazioni e le episio, probabilmente penserebbero ad un attacco di follia....vagliela a spiegare la realta' italiana: qui di medici ce ne sono 2, Maria e Marianna, e prima di chiamarle deve crollare il mondo.
Una nota a parte per l'armadio dei farmaci, che si trova bella stanza delle Ostetriche: Non ci sono moltissimi farmaci (ma va'?), tanti antibiotici, vitamine, antidolorifici, antispastici, qualcosa per l'ipertensione, ed una lunga sequela di farmaci che non avevo mai sentito nominare. O meglio li avevo letti, ma mai visti in Italia. Ma in Italia (e nel resto d'Europa), non abbiamo la patologia che qui miete il maggior numero di vittime: la malaria.
E qui andra' apero un capitolo a parte.

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